I lanzichenecchi calarono in Italia nel XVI secolo e non se ne sono più andati.
Sono ancora qui e, nel frattempo, si sono tecnologizzati. Al posto della spada usano la tastiera per lanciare proiettili fatti di parole, non meno micidiali degli spadoni Zweihänder, a due mani, come li chiamavano.
Non gl’interessava vincere, allora, ma uccidere. Non gl’interessa, ora, il prevalere delle proprie tesi, confrontandosi con buoni argomenti, ma distruggere l’interlocutore. Non gl’interessava, allora, chi fosse il nemico e perché lo fosse, bastava che gli venisse additato. Basta, ora, che un sicofante estrapoli dal libro (373 pagine!) una mezza frase decontestualizzata perché i lanzichenecchi da tastiera si lancino in una guerra di annientamento.
Sicché, a distanza di due ore (due ore!) dalla pubblicazione della frasetta, il ministro, cioè il Capo politico del Generale, parla già di “farneticazioni”e annuncia sfracelli, ignorando che un Capo con la “C” maiuscola cerca sempre di difendere un sottoposto e, al limite, tace, a meno che non venga tirato in ballo per i capelli,
operazione poco agevole, ritrovandosi il nostro una testa liscia come una biglia, ma per il cravattino sì, per una manina che sa il fatto suo. Incalzato dalla fretta di scagliare la prima pietra, ingolosito di buscare qualche pacca sulle spalle, non ha nemmeno pensato all’esistenza di leggi e regolamenti che da noi ce n’è quanti se ne vuole. A solido scudo del Generale, recita il codice dell’Ordinamento della Difesa (D.L. 15 marzo 2010), Art. 1472 Libertà di manifestazione del pensiero 1. I militari possono liberamente pubblicare loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare pubblicamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare ((o di)) servizio per i quali deve essere ottenuta l'autorizzazione. 2. Essi possono, inoltre, trattenere presso di sé nei luoghi di servizio, qualsiasi libro, giornale o altra pubblicazione periodica. 3. Nei casi previsti dal presente articolo resta fermo il divieto di propaganda politica.
Peccato, gli argomenti trattati nel libro “Il mondo al contrario” del Generale Roberto Vannacci sono tali da prestarsi ad appassionanti dibattiti a tutti i livelli, dai premi Nobel ai lattai, utili per stimolare la partecipazione dei cittadini a questioni di comune interesse. Sarebbe stato un ottimo integratore (ri)costituente per la nostra macilenta politicità sociale, la cui buona salute è fattore essenziale e indispensabile per una decente politicità istituzionale. E, quindi, per una democrazia dai polmoni meno infiammati. Tuttavia, considerata la diffusione del libro, è probabile e auspicabile che un po’di proficua discussione abbia vita, sia pure con modalità e avvertenze da coprifuoco.
Michele Rinaldi