Tizio, Sempronio e Donna Prassede

L’immobilismo mobile : ecco la strabiliante invenzione della politica politicante nel Paese di Machiavelli e Guicciardini.
Come il ballo di una triade sulla mattonella, si agita ma sta sempre lì: Tizio apre, Sempronio frena, Donna Prassede chiude, e si torna al punto di partenza,

dove si ritrovano le cose così come furono lasciate, seppure appesantite dall’età. I protagonisti della politicità istituzionale hanno una geniale capacità di cui bisogna dar loro atto e merito : eccellono così tanto nel mestiere di imbalsamatori di problemi da poter impartire lezioni ai mummificatori egizi di Tutankhamon. Si dice : meglio star fermi che percorrere strade sbagliate, ma se la fermata è a tempo indeterminato, fa il paio con quella in uso nei cimiteri.
Il caso Nordio è emblematico. Ammettono tutti, ad eccezione di qualche soggetto aduso a camminar per strada ad occhi chiusi e orecchie tappate, che in Italia la giustizia non va affatto bene, anche per i riverberi negativi sulle attività produttive. Quindi il buonuomo, forte di competenze giuridiche, era deciso a metterci mano, con entusiasmo e buon umore, per riportare il diritto dello Stato nello Stato di diritto, cosa che tutti dicono di volere, tal quale la signorina Consiglia : tutti la vogliono e nessuno la piglia. Senonché, prima gliel’hanno stretta, la mano, per congratularsi, poi tenuta ferma per la solita pausa di riflessione, che ormai dura da appena da una trentina d’anni, e infine legata dietro la schiena perché ci sono altre priorità, curiosa procedura questa delle priorità, per cui esse debbono marciare in fila indiana una alla volta, al modo di pinguini in processione. Il ministro ha abbozzato, sono in sintonia, ha detto, prigioniero del dilemma : se si dimette, il governo rischia, se insiste con la riforma, pure, ergo si immobilizza e tira a campare.- Eh, no! devi far finta di far qualcosa, altrimenti cosa raccontiamo ai nostri elettori? Gli hanno intimato. Deve ballare sulla mattonella. Sicché l’unico risultato certo è che traballa la sua dignità. Forse ha pensato : ma chi me l’ha fatto fare? Ma non lo sappiamo. Non entriamo nel merito, perché c’interessano le forme entro cui codesto agire di governo si produce, e anche per non farci il sangue marcio, già abbastanza amareggiato. Dal 1946 ad oggi si sono succeduti al Ministero di Grazia e Giustizia 75 ministri, uno ogni anno e tre giorni, scelti non in quanto portatori di un’idea di giustizia – una visione, dicono quelli che non ne hanno, ma forse sono stati a Lourdes -, ma con criteri correntizi in base al peso politico-elettorale o quali pezzi da vetrina, tipo il signor Carlo Nordio. Si prende l’attore, ma il copione non c’è, e se c’è il copione si immobilizza l’attore : tra un comizio elettorale - c’è sempre un’elezione da qualche parte, fosse pure a Civita Bagnoregio -, un caffè alla buvette, una lettera di raccomandazione, il tempo di orientarsi a palazzo Piacentini e cala il sipario. L’anno più i tre giorni sono bell’e passati. Arrivederci e grazie.
Raccontiamo un sogno democratico. Nel Paese infuria un fervoroso e appassionato dibattito sui temi della Giustizia. Ne discutono circoli culturali, club, associazioni, partiti, siti informatici, social, reti radio- TV, bocciofile, oratori, sotto l’ombrellone, nei saloni dei parrucchieri, nelle sale d’aspetto delle stazioni e dei dentisti, al bar, sulla Freccia Rossa e sui pendolari, congressi, convegni, riunioni, tavoli convocati saltellanti sulle quattro zampe …..una foresta di chiacchiere dette con trepidazione, ma anche di cose interessanti : durata dei processi, arretrati, carriere vincolate o separate, cancellieri cancellati, avvocati come se piovesse, innocenti incarcerati, colpevoli liberati, sentenze ribaltate colpevoli-innocenti –innocenti - colpevoli, giovani imputati incanutiti, Enzo Tortora, reati forse sì ma anche no, ammassi normativi-Amazzonia, il Tar e buonanotte, intercettazioni, “La vita degli altri”, giornali megafoni e giornalisti trombetta. Un tornado. Da cui fuoriescono anche i tratti delle personalità idonee a sbrogliare la matassa. Spariti imbalsamatori, mani legate, pause, priorità pinguinesche e sangue marcio. “I sogni muoiono all’alba”, recita un film di Indro Montanelli. Ma verrà un mattino in cui saranno realtà.
Michele Rinaldi

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