La sciura Pina

Ogni fiume scorre nel suo letto. Immaginiamo il panorama cui assisteremmo se si intrufolassero fra gli argini l’uno dell’altro. E’ quel che accade in una democrazia arruffona : il legislativo, l’esecutivo e il giudiziario, spesso,

invece di concorrere al servizio della Nazione ognuno per la parte che gli compete, collidono. Si assiste a uno spettacolo in cui gli attori si rubacchiano a vicenda pezzi di recita e si esibiscono tutti un po’ in tutti i ruoli, sicché gli spettatori, al calare del sipario, si persuadono che lo scopo dello spettacolo fosse proprio quello di mettere in scena il Disordine Apocalittico Universale (DAU). In una democrazia involuta ciò avviene per i più vari motivi : affermare un primato, arraffare porzioni di potere, favorire la propria parte politica, a volte per presunzione, ignoranza, libidine di servilismo o altre ragioni su cui è meglio sorvolare. Codesto modus operandi osserva una circolarità che attraversa tutti i gradi dall’alto in basso e viceversa del settore pubblico e delle sue varie diramazioni e appendici, infettando pure il privato, e divenendo altresì un modus essendi. Così, tra l’indifferenza generale, appunto perché tale comportamento è divenuto un modo di essere e di agire, succede che anche importanti aziende pubbliche deraglino dai compiti loro propri. Lo scandaloso silenzio al riguardo tradisce l’atavica rassegnazione al DAU.
La miccia, che ha dato fuoco alla spataffiata che precede, è stata accesa da un evento in sé trascurabile, eppure emblematico, cioè dall’affissione di sesquipedali manifesti dell’ATM nelle stazioni della metropolitana milanese. Che bei colori, c’è tutto l’arcobaleno, come piace tanto al sindaco Sala. I manifesti dicono che loro, quelli dell’ATM, rispettano l’identità di genere, l’orientamento, la religione e tutto il resto : sui mezzi, nei loro spazi e fuori, cioè in tutto il mondo. Ma pensa, nella nostra ingenuità credevamo che bastasse acquistare il biglietto, presentarsi in maniera non indecente, non dare di matto nelle carrozze e basta là. Così, asciutto asciutto, è bell’e rispettata la persona che viaggia. Eh no, non basta. Essi si spingono nel profondo. In cerchi concentrici, allargano il rispetto anche a ciò che c’è sotto i vestiti, nella testa, agli ormoni, ai pertugi e ai turabuchi, in un afflato olistico e universale. Un delirio d’amore! E dunque, se impiegano tempo e denaro per tutto questo ben di Dio di companatico, vuol dire che il pane è ottimo e abbondante. E invece non pare. Anziani, disabili, mamme e nonne con carrozzine - per dirne una -, che hanno estrema difficoltà a salire e scendere le scale, sanno che prendere la metropolitana è un rischio, perché non tutte le stazioni sono fornite di ascensori e scale mobili e, dove ci sono, spesso non sono agibili, vai a saperlo. Quindi, si servono di automobili, che tanto dispiacciono al Signor sindaco. E visto che il rispetto ATM si espande anche fuori, nel mondo, restringiamoci a Milano e - tanto per dirne un’altra - osserviamo che per lunghi tratti, a volte da qui all’equatore, mancano i numeri civici, la segnaletica stradale è un caos primordiale, per cui si procede petulando informazioni ai passanti e a Google Maps. Le risorse, perennemente scarse come lamentano, non potrebbero essere impiegate tutte per migliorare il sistema trasporti anziché stampare manifesti sdilinquenti e autocompiacenti? O abbassare il costo dei biglietti? O, se scarse non sono, per mettere ordine nella segnaletica cittadina? Insomma, è proprio azzeccato che un’azienda trasporti si snervi in complessi problemi antropologici, quando potrebbe conservarsi in salute unicamente dedicandosi ai compiti cui è demandata? E’ come se un pasticciere, più che badare ai pasticcini, pasticci sui problemi inerenti ai viaggi sulla Luna. Ofelè fa el to mesté, direbbe la sciura Pina. Ma l’aspetto di gran lunga più preoccupante che ci premeva mettere in risalto riguarda proprio la confusione dei ruoli. In una democrazia evoluta ognuno sta al proprio posto studiando di svolgere al meglio i compiti assegnatigli e avendo cura di non esondare in territori altrui.

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