La caccia ai bisonti

Immaginando che gli elettori siano come bisonti pascolanti in sconfinate praterie, i partiti si contendono gli spazi dove attirarli e, di qui, una continua girandola: la sinistra si sposta in parte alla sinistra di sé stessa e la destra della sinistra verso la sinistra del centro; il centro del centro in parte verso la destra della sinistra e in parte verso la sinistra della destra;

la destra, in parte, verso la destra del centro e l’altra parte verso la destra alla sinistra della destra, cosicché, come storicamente dato, la sinistra alla sinistra della sinistra coincide perfettamente con la destra alla destra della destra.
Ma più che spostarsi, “guardano”, restando immobili.

Storia vecchia: uno slogan d’epoca recitava : la DC è un partito di centro che guarda verso sinistra. Catturano spazi con lo sguardo. Appena uno sguardo ghermisce uno spazio distogliendosi da un altro, un concorrente abbranca quello lasciato. E’ una partita a occhiate con scavalco incorporato.
Intanto gli elettori, come un tempo i bisonti, sono sempre di meno, mentre gli spazi sono sempre affollati di guardoni, nel senso, s’intende, di politici che “guardano”. Tutto questo sembra un esercizio di geometria, ma diciamolo sottovoce per non disturbare l’eterno riposo di Euclide (IV - III a.C.). In questa gara dello spostati tu che occupo io, si fanno e disfano alleanze combinate in postazioni ritenute al momento più favorevoli alla caccia, quindi mobili e cangianti.

E i problemi del Paese? Variabili dipendenti dalle direzioni degli occhi. Ma c’è poco da ridere e molto da pensare. Purtroppo si ha la sensazione che la società civile rida molto e pensi poco, mentre un esercito di presidenti, ministri ed altre eccellenze pensi molto a sé stesso e una buona risata gli scappi spesso e volentieri. Qualunquismo? Infatti dicono proprio così, loro, quelli del suddetto esercito con codazzo di tromboni e trombette, per confinare illico et immediate in un ghetto di reietti qualche fioca voce che annusa odor di nulla mischiato col niente e si cruccia nel vedere come i problemi del Paese finiscano in cancrena e, perciò stesso, ne figlino di nuovi. E c’è poco da irritarsi con gli attori sul proscenio della politicità istituzionale o addirittura crocifiggerli con modalità da santa inquisizione. Non si spreme il latte dalle pietre. E le pietre sono anch’esse il prodotto di un sistema che ostacola, impedisce, immobilizza, infiacchisce e travolge anche quei volenterosi benintenzionati che pietre non sono, ma sono ridotti a diventarlo. Perché? Perché è un sistema sbilenco.
Reggendosi su una gamba sola, la politicità istituzionale, non sta in equilibrio. Quella gamba occupa tutta la scena, recita tutte le parti in commedia, capo e coda di un copione che la costringe a ingoiare anche i risvolti sordidi, non di rado tenebrosi, del potere e, con una bramosia che lascia sgomenti, a nutrirsi, per conservarlo o agguantarlo, di pettegolezzi, disavventure, errori o malefatte degli avversarsi, anche dei congiunti dei medesimi. Quella gamba, vittima di sé stessa, punto vergine, signora mia, ma martire e santa …. Quando a quegli attori, smarriti in un vicolo cieco, viene il fiato corto e finché non riprendono a respirare, ecco il deus ex machina, chiamato al governo per tenere in piedi la baracca con la sola forza della sua personale autorevolezza. La società civile è la grande assente, è la gamba che non c’è. Manca alla politicità istituzionale l’apporto benefico di sangue fresco, l’osmosi, l’interscambio di flussi salutari di idee e di ingegni che si forgiano nella grande fucina della politicità sociale quando è viva e presente. A volte viene il dubbio che la società civile crede forse di essere a teatro, applaudendo comici, nani e ballerine, ridendo per le res gestae che vanno in scena nel Palazzo, indignandosi per finta, o sul serio se deve ingoiare effetti collidenti con i propri interessi. Una commedia. L’ora di smettere di ridere e di fregarsene pare ancora lontana, ma è necessario attendere che quell’ora giunga per costruire un futuro a propria immagine e somiglianza e non apparecchiato e imposto da altri.

Michele Rinaldi

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