Legge elettorale: panacea di tutti i mali?

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Quanto è importante la legge elettorale? Quale "forma" conferisce, una determinata legge elettorale, alla Democrazia di cui è sia mezzo che espressione? Quali conseguenze ha sull’assetto politico e parlamentare? In conclusione, quanto dovrebbe importare, ai cittadini, la discussione su quale legge elettorale adottare?
Proviamo a partire dall’ultima domanda.


La legge elettorale è un elemento attivo, una variabile non indipendente, dell’assetto democratico ed istituzionale. Ogni tipologia di legge elettorale, dal proporzionale puro all’uninominale “secco”, con tutte le possibili sfumature, determina conseguenze sia sui rapporti tra partiti, sia riguardo ai risultati elettorali che concorrono a formare il Parlamento. Considerando il fatto che viviamo in una Repubblica Parlamentare, la legge elettorale è elemento sicuramente influente. Conta sia per chi legifera (potere legislativo), sia per chi governa (potere esecutivo) sia per chi mette in contatto il popolo con le istituzioni (i partiti politici). Talvolta i cittadini sottovalutano la sua importanza; ma è un errore dovuto alla mancanza di conoscenza riguardo le conseguenze che tale legge determina sulla vita (politica, quindi quotidiana) di tutti.
Esiste una legge elettorale perfetta, giusta, migliore? Questa è tendenzialmente la domanda che spesso sentiamo fare. Ovviamente non esiste una risposta, in quanto la domanda è viziata “ab origine”. Giusta rispetto a cosa? Perfetta per cosa? L’aspetto che è necessario chiarire è appunto che ogni legge elettorale determina un diverso risultato; non solo in merito all’esito del voto, ma soprattutto riguardo il comportamento dei Partiti. L’esempio più facile da evincere è il destino di partiti il cui “peso” elettorale non supera una determinata percentuale alle elezioni. In presenza di soglie di sbarramento, quei partiti non avranno presenza parlamentare. E’ logico quindi che qualsiasi livello di sbarramento vengo imposto, tenderà a far “accorpare” (in modo più o meno organico) forze politiche che altrimenti si presenterebbero divise.
Una legge elettorale proporzionale, senza soglie di sbarramento, determina la presenza parlamentare di tutti quei partiti che riescono ad avere almeno un seggio. Conferendo, come conseguenza, una rappresentatività sicuramente più esaustiva del volere espresso dal “corpo votante”. Altra conseguenza facilmente evincibile, una polverizzazione del voto verso molte formazioni partitiche rende sicuramente meno “organico” in Parlamento e rende più difficile trovare una sintesi, un accordo sul tipo di Governo a cui votare la fiducia.
Facile la previsione sulle conseguenze di una legge esattamente opposta; ovvero una legge uninominale secca. Gli eletti alle votazioni tenderanno ad essere solo coloro che ottengono una maggioranza relativa; o meglio saranno espressione di una minoranza più numericamente alta. Tendenzialmente si avrà maggior omogeneità nella composizione parlamentare e più facilità a trovare una sintesi; sacrificando la rappresentatività delle minoranze numericamente meno elevate.
Variabili consistenti possono essere determinate da eventuale espressione diretta di una (o più) preferenze, da parte dell’elettore. Se un determinato collegio esprime una preferenza specifica (ad esempio attraverso l’uninominale, oppure con un proporzionale con preferenze di lista), quella singola preferenza (deputata/o) eletta sentirà sicuramente meno obblighi vero il partito che l’ha candidata, ma più obblighi verso la comunità di elettori che gli ha concesso fiducia diretta.
La mediazione del partito, in questo caso, è meno vincolante. Le conseguenze di ciò possono essere sorprendenti. Un deputato può ritenersi meno vincolato alla disciplina di partito, in caso di voto parlamentare; privilegiando interessi espressi dal collegio e/o dagli elettori che lo hanno votato. Bene o male? Dipende. Ex art. 67 Cost. Ita., ogni parlamentare rappresenta la Nazione. Nella sua interezza. NON un particolare interesse localizzato. L’interesse potrebbe essere quello del partito, oppure (paradossalmente) quello di una lobby locale che ha concorso (tramite preferenze) a far eleggere quel deputato. Lobby, purtroppo, anche di carattere mafiosa.
Oltre alla composizione del Parlamento, quindi la concretizzazione del potere legislativo che influenza la vita di tutti i cittadini, la legge elettorale ha conseguenze sui rapporti tra i partiti stessi.
Leggi elettorali uninominali tendono, inevitabilmente, a polarizzare le forze politiche ed i partiti verso un duopolio egemonizzato dai due partiti di maggioranza relativa. A meno che i partiti (o le forze partitiche in gioco) di maggioranza relativa siano tre; come gli schieramenti che poi si propongono agli elettori. Allora assistiamo al famoso triello, in cui tre forze opposte e difficilmente conciliabili tra loro bloccano ogni possibile costituzione di una maggioranza.
Purtroppo un risultato del genere, con grave vulnus alla governabilità, si ottiene anche con una legge proporzionale pura (o declinata con quote di maggioritario).
Non esiste, in sintesi, una legge elettorale neutra, priva di conseguenze.
Purtroppo, la legge elettorale viene responsabilizzata di cose che non può risolvere. In particolare, alla sola legge elettorale viene attribuita la funzione di stabilizzare i governi; ma essa nasce per determinare la rappresentanza, non per rendere stabili i governi.
La stabilità dell'esecutivo (che la storia dell’Italia repubblicana dimostra non esserci) deve essere risolta con provvedimenti che riguardano i rapporti tra governo e parlamento.
Affidare questo nodo essenziale ad una legge elettorale è non solo elemento disfunzionale, ma anche ostativo ad una più corretta impostazione verso cui l’assetto Istituzionale dovrebbe essere riformato.
Abbiamo qui uno spostamento delle questioni: invece di affrontare i nodi tra le forme politiche, ci rivolgiamo alla legge elettorale sperando che sia essa a risolvere quei nodi.
Nessuna legge elettorale può sanare una patologia tra forme che si sviluppano ad altro livello.
Questo è il motivo per cui noi del Centro Studi Forme&Riforme sosteniamo che la legge elettorale non sia la risposta corretta e la soluzione che “sana” ogni problematica legata alla stabilità di governo; come dimostra il fatto per cui il continuo cambiamento della legge elettorale italiana non ha mai apportato alcun miglioramento al sistema.
Per la situazione italiana resta punto focale il bloccare l'intreccio e il cumulo di cariche, con evidente conflitto di interessi e responsabilità, tra esecutivo e legislativo (un esempio: quando viene sfiduciato l'esecutivo vengono sciolte le Camere). Questo genere di ri-Forme introdurrebbe Forme della politica diverse; lasciando alla legge elettorale il suo compito specifico, ovvero quello di stabilire la modalità con cui si elegge la rappresentanza.
Volendo utilizzare una terminologia più specificatamente politico/filosofica, la legge elettorale è in superfetazione; cioè le sue funzioni vengono amplificate abnormemente rispetto al compito che dovrebbero avere, lasciando al contempo inalterate quelle forme della politica che destabilizzano fisiologicamente l’assetto istituzionale.

Matteo Zambelli

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